Tuesday Jul 12, 2016

Come far scappare le persone davanti a un vino – con Tinto di Decanter Radio2

Gli errori della comunicazione enogastronomica e il potere della parola.

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Chiamiamolo storytelling del vino o come ci pare. Le parole arrivano quasi sempre prima di tutto: e possono far avvicinare o far scappare chi sta ascoltando. Ne parliamo con Nicola Prudente, in arte Tinto, quello di Decanter su Radiodue, conduttore e autore radiofonico e televisivo.

Per Tinto le parole hanno un potere unico ma a volte con l’enogastronomia e il vino si commette l’errore di essere autoreferenziali. Sì dà per scontato che chi è dall’altra parte abbia le tue stesse competenze. Ma non è così.

Tu potresti avere davanti più persone possibili ma poi queste persone scappano perché non riescono a comprenderti, quindi il problema sei tu che non sei capace di comunicare: allora lì devi fare uno sforzo.

Prendi Sgarbi: lo senti parlare di Michelangelo o di un altro grande interprete dell’arte italiana e ti innamori. Prendi invece il classico professore che non è brillante, non ha ritmo e magari te lo descrive in modo noioso. Ma come pretendi che chi sta davanti si appassioni? La stessa cosa vale per l’enogastronomia e il vino.

E’ una peculiarità tutta italiana questo modo di vivere la cultura. Pensa all’ambito accademico, al cattedratico, al “barone” che magari all’università non vedevi mai o alla cerimonia di apertura con gli ermellini e le toghe. È sempre tutto molto barocco da noi. E anche nel vino, purtroppo, a noi piace un po’ questo club per pochi, in cui più si parla difficile più le persone non capiscono.

 

Note alla puntata:

Decanter
Premiolino
Nicola “Tinto” Prudente
Il Gastronauta su Radio24
Un pesce di nome Tinto
Frigo
Obbiettivo educazione
Non solo video, instagram, snapchat: meglio la radio e le parole che la tv
La leggerezza e l’educazione
La bottega del vino a Verona
Armin Kobler
Twitter e Belen Rodriguez

Non ci si può opporre al cambiamento
Ma se ti portano un piatto al ristorante non perderti la spiegazione perché devi fare la foto
L’originalità della storia

L’educazione enogastronomica per la salute e per la dimensione sociale
Decanter Sommelier
Sommelier ma non troppo – corretto abbinamento tra cibo e vino
Vinocult
Federazione Italiana Sommelier Roma
 – Bibenda

La prova del cuoco
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Puoi ascoltare l’intervista audio, cliccando in alto in questo articolo. Qui sotto c’è la completa trascrizione.

Tinto: Ciao Stefano!

Stefano: Ciao Tinto. È un grande piacere averti qui, a Wine Internet Marketing, perché ci occupiamo di comunicazione del vino: abbiamo parlato con direttori di testate, con giornalisti autorevoli in tv, ma come si fa a occuparsi di comunicazione del vino senza aver parlato con Nicola Prudente, in arte Tinto? Perché – lo sanno tutti, le persone che ci ascoltano – siete molto popolari, vi rivolgete a così tante persone, e quindi ecco, ti ringraziamo per la tua disponibilità.

Tinto: No, anzi, io ringrazio voi, tutti quelli che ci stanno ascoltando e il piacere è tutto mio.

Stefano: Bene, grazie. Senti, allora, come ti dicevo prima di questa intervista, io parto citando alcune cose della fonte Wikipedia, se sono sbagliate me lo dirai. Nel 2016 tu e Fede avete ricevuto anche un premio per la diffusione della cultura enogastronomica, il Premiolino, no? Un premio importante.

Tinto: E non si sono sbagliati, perché quando ce l’hanno comunicato, che vincevamo il Premiolino, premiazione a Palazzo Marino, ho detto: vabbè, adesso vedrai che è un errore, una bufala. Poi normalmente noi siamo i primi a fare gli scherzi, questa volta lo scherzo ce l’hanno fatto. Invece per ora pare che sia tutto vero: siamo stati a Milano, l’abbiamo ritirato ma quando ho letto chi l’aveva ricevuto in passato, “Sì, ma Fede&Tinto che c’entrano” …un enorme piacere ci ha fatto.

Stefano: Certo, immagino. Tra l’altro – sempre Wikipedia – secondo una ricerca, la vostra popolarità è scontata, però qualcuno dice che addirittura siete davanti a Linea Verde e Masterchef su Sky. Insomma, al di là di questo, al di là poi delle classifiche che lasciano alle volte il tempo che trovano, ma quello che mi interessava: una bella soddisfazione immagino, ma anche una bella responsabilità rispetto a quello che si fa…

Tinto: Mah, allora. Vista adesso, è facile e semplice. Però, io lo dico a te Stefano, ma lo dico anche a chi ci sta ascoltando: la cosa andrebbe vista tredici anni fa. Tredici anni fa, ricordiamoci che la bolla enogastronomica ancora non era esplosa, d’altra parte noi adesso stiamo chiacchierando su un mezzo e stiamo chiacchierando di enogastronomia. Tantissimi anni fa questa cosa qua era impensabile, tantissimi anni fa i quotidiani non avevano la pagina dedicata all’enogastronomia. Slow Food non era così organizzato e così importante come oggi. Il Salone del Gusto, la prima edizione è stata nel 2006, quindi voglio dire, non c’erano così tanti programmi, così tanti talent. Sicuramente uno come Massimo Bottura, che da pochi giorni ha vinto come miglior chef del mondo, lo deve anche a questa grande bolla, questa panna che è montata negli anni, che vede l’enogastronomia italiana protagonista. D’altra parte c’è stato anche Expo che ha contribuito, e quindi sai, Decanter un conto è vederlo oggi, perché noi siamo stati i primi e siamo, ad oggi, gli unici in radio che parlano di enogastronomia quotidianamente. Non ci sono tante altre trasmissioni. Siamo anche molto amici di Davide Paolini, Il Gastronauta su Radio24, però noi siamo quotidiani: è stata una bella scommessa, però diciamo che la sfida possiamo dire che è vinta. Ci vuole un po’ di lungimiranza e un po’ di fortuna.

Stefano: Certo. E infatti trovo molto interessante questa cosa. Qua ci interessano spesso le storie personali, no? E quindi allora proviamo ad andare indietro, per capire la tua prospettiva: tu, allora, conduttore radiofonico, televisivo ovviamente, autore di programmi… come si è sviluppata questa cosa nel vino? Cioè, tu dici “È stata una scommessa” ma, per te, come sei arrivato a giocarti questa carta?

Tinto: Guarda, allora, il mio percorso di studi è stato legato comunque sempre al mondo della comunicazione, perché mi sono laureato in Scienze della Comunicazione a Milano. Poi ho fatto un master a Roma, però diciamo sempre in ambito di marketing e comunicazione. Ma io, uscito dall’università, facevo dell’altro: ho lavorato come Junior Accounting in una società di eventi, poi ho lavorato come responsabile nel settore operativo di un importante tour operator. Poi, proprio in quell’occasione, questo tour operator fece un accordo con Radio2 per trasmettere dai propri villaggi, e quindi quello è stato poi il gancio, il passe-partout che mi ha permesso di proporre una trasmissione – io e Fede poi abbiamo da sempre lavorato insieme – e quindi ci è andata bene. Ma ti assicuro che il fatto di poter parlare di enogastronomia è arrivato dopo, perché all’inizio quello che facevamo noi era una trasmissione turistica, dal titolo “Il Tropico del Cammello”, troppo forti della nostra esperienza in ambito turistico, e quello era l’argomento. Poi dopo, casualmente, è nata una trasmissione radiofonica il cui argomento era l’enogastronomia, ma ti assicuro che all’inizio…

Stefano: È stata una scelta editoriale a monte, una passione anche vostra?

Tinto: È stata una serie di fattori, una serie di combinazioni, perché ci avevano chiesto un’idea per l’inverno dopo aver fatto due stagioni di estate con questo programma su Radio2 che si chiamava “Tropico del Cammello”, ma il turismo non può reggere tutto l’anno: è un programma che aveva l’obiettivo proprio di promuovere le località di vacanza. Infatti noi andavamo di estate, andavamo solo nel periodo di Pasqua e poi andavamo nel periodo natalizio: eravamo un palinsesto in sostituto dei Conigli, per cui una fascia anche prestigiosa. Poi, l’allora direttore di Radio2 disse: “Perché non ci proponete un’idea per l’inverno?”. Noi all’inizio volevamo fare un talk-show politico, che poi con gli anni è arrivato – c’è infatti su Radio2 con Un giorno da pecora – però la nostra idea era quella di parlare di temi legati alla politica mettendo in contrapposizione l’uomo della strada al grande politico, per cui sdrammatizzare un poco la politica. Magari ad oggi, se ci fosse andata bene quella, oggi erano nelle condizioni di chiudere La Pecora, ma chi può dirlo. Alla fine ci è andata bene anche così.

Stefano: Avreste bevuto molto peggio, però. E mangiato molto peggio.

Tinto: Avremmo sicuramente mangiato molto peggio, e credo che il mondo enogastronomico sia molto più affascinante. Poi da lì sono arrivati anche altri programmi, quindi altre esperienze che magari con la politica, come tema portante, non sarebbero arrivate. E quindi abbiamo fatto negli anni “Linea Verde Orizzonti” su Rai 1, un programma dedicato al turismo però si parlava anche di enogastronomia, che era “Magica Italia”, sempre su Rai 1. Poi siamo passati a La7, dove abbiamo fatto un programma dal titolo “Fuori di Gusto”, una visione un po’ rock un po’ pop del mondo enogastronomico. Poi quest’anno “La Prova del Cuoco”, sempre su Rai 1. Poi io su Rai 2 ho fatto prima “Un Pesce di Nome Tinto”, un programma dedicato al consumo responsabile del mare, del pesce, tutta la filiera. E poi quest’anno “Frigo”, che poi riprenderà nel nuovo anno…

Stefano: Ah, questa è una buona notizia! Riprenderà.

Tinto: Sì, sì. Riprenderà. Proprio in questi giorni ci sono le prime riunioni produttive, ed è proprio il programma la cui mission è l’educazione alimentare. Quindi insomma, alla fine, poi, aver cavalcato questo tema ci ha portato lontano e ci porterà magari ancora più lontano, ecco.

Stefano: Siete stati bravi. Senti, prova a raccontarci: il discorso Decanter, e poi Decanter Sommelier. Quando avete cominciato questa cosa, qual è stato l’obiettivo che vi eravate dati nel fare Decanter Sommelier?

Tinto: Allora, il nostro è sempre un obiettivo di educazione. Come ti dicevo prima, con Frigo, è l’educazione alimentare giovanile. Con Decanter l’educazione alimentare è, diciamo, per tutti. Con “Sommelier ma non troppo” siamo partiti dalla radio facendo appunto un corso gratuito scaricabile in podcast per chi fosse appassionato, ma anche per chi magari ha solo la curiosità, magari parte dall’ascolto di un corso e si iscrive a un corso vero. Noi non lo diciamo che questo corso vuole sostituire gli altri. È chiaro che un conto è una cosa, sentirla alla radio, un conto è un qualcosa di rapido che fai con i docenti. Però, sai, la curiosità la puoi attivare anche con le parole. Da lì, il corso è andato così bene, era in classifica ai primi posti di iTunes per quanto riguarda il numero di podcast scaricati, e Rai Eri ci ha chiesto di fare un libro, e adesso siamo usciti col secondo libro: il primo è “Sommelier ma non troppo”, il secondo è “Sommelier ma non troppo: il corretto abbinamento fra cibo e vino”, quindi ci siamo concentrati soprattutto sull’abbinamento, sulle tecniche di abbinamento. Ma in modo pop, in modo rock, cioè come lo facciamo noi, dove comunque se capita la battuta, ci sta. Con quel tema leggero, non da grande gourmet. E quella è un po’ la nostra forza, specificità: noi non ci sostituiamo ai sommelier o ai cuochi o ai gourmet, noi stiamo in mezzo, facciamo parlare gli altri e cerchiamo di avvicinare il grande pubblico ai temi dell’enogastronomia.

Stefano: Ecco. Quindi è un posizionamento ben preciso che è appunto molto interessante. Allora, io ho attraversato un po’ tutte le cose che avete fatto. Quando preparavo l’esame da sommelier mi ascoltavo i vostri podcast correndo, soprattutto quelli dedicati al vino: quegli approfondimenti che avevate chiamato un po’ master, sulle varie zone, territori in Italia o anche all’estero. Poi ho comprato il libro che ovviamente, come dicevi tu, non ha la pretesa di sostituirsi a un manuale, ma appunto, per quel target, per quel tipo di persona che, dicevi tu, magari vuole approfondire un po’, capire qualcosa in più, è molto interessante e copre benissimo quella posizione che ci hai appena raccontato. Senti, con tutte queste persone con cui state quotidianamente in contatto, che cosa avete capito di queste persone? Chi sono, cosa fanno, cosa vogliono…? C’è questo aspetto di educazione che a voi preme molto, il trasmettere dei valori. Ma avete capito qualcosa, anche di più, insomma? Che cosa avete imparato in questi anni, da questo?

Tinto: Allora, diciamo, chi lavora nel mondo dell’enogastronomia a volte commette l’errore di essere troppo autoreferenziale, quindi dai per scontato che ci stia dall’altra parte abbia delle competenze, ma non è così. Come nel caso del vino: il sommelier che riesce a ritrovare nel bicchiere determinati sentori, retrogusti… a parte le informazioni tecniche di base, perché tu, cos’è il metodo classico lo devi sapere a priori, però poi quando fai l’analisi sensoriale c’è anche molto esercizio: anche gli stessi sommelier con cui abbiamo collaborato sia per il libro sia per il corso alla radio “Sommelier Ma Non Troppo”, magari vent’anni fa avevano meno esperienza, erano meno bravi. Con gli anni e con l’esperienza hanno affinato i loro cervelli, quindi le loro competenze: è un lavoro molto pratico, però io dico sempre che quando ci sono delle distrazioni e c’è il sommelier che tira fuori dei sentori particolari, io dico sempre: voi buttatevi, sentite quello che dice, e poi cercate di riprovarli anche voi. Perché se lui dice “glicine”, magari lui lo riconosce da prima, ma voi, provando a concentrarvi, il sentore cioè quel tipo di aroma dentro il file della memoria del glicine voi ce l’avete, perché siete già entrati in contatto con il glicine. Ma magari non è così immediato come per un sommelier. Ognuno nel proprio lavoro ha delle specificità. La differenza è che rispetto ad altri settori, tu non puoi non mangiare e non bere. Oddio, puoi essere astemio, però non mangiare è impossibile, quindi… che ne so, se uno è un medico, saprà tutto ovviamente sulla medicina, ma di altri campi ne sa un po’ meno, e può non occuparsene. Per dire: è medico, non gli piace il pallone, può non essere esperto in pallone, e può anche continuare a vivere senza esserlo. Mentre, di enogastronomia, ok, puoi essere astemio, non bere, ma comunque senza gastronomia è una vita triste. Quindi bene o male qualche nozione di base la devi avere, oltretutto hai anche dei risvolti sulla salute, che non vanno mai tralasciati.

Stefano: Certo. Quindi per voi parlare di gastronomia è stato il modo più semplice o forse diretto, per ripartire dall’esperienza comune delle persone e poi arrivare a parlare di vino ma appunto ingaggiandole sull’enogastronomia. E’ il vostro storytelling del vino?

Tinto: Sì, sì. Assolutamente. Poi cibo e vino vanno sempre a braccetto.

Stefano: Beh, del resto… sommelier si è per questo. Senti, guarda, ti farei insistere su questo punto che hai citato prima, sulla questione di questa che tu chiami “leggerezza”, la questione del linguaggio, del tono di voce, perché spesso ancora tu dicevi anche di fare educazione. Molto spesso sembra che sia impossibile fare educazione, e che educazione e leggerezza sembrano siano due cose che non stiano insieme, no? Anch’io sono un giornalista, ma penso che chiunque, in qualche modo, anche i produttori che devono raccontare il proprio vino, l’importanza di quello che fanno, la complessità di quello che fanno… molto spesso veniamo presi dall’importanza di quello che vogliamo dire, ci sembra tutto importante, aggiungiamo particolari, informazioni, schiacciamo al massimo tutto quello che dobbiamo dire in una conversazione, in una comunicazione o presentazione. Ma poi non necessariamente funziona così, che tanta roba, tanta profondità, tanta complessità ci faccia tenere attiva l’attenzione delle persone a cui ci vogliamo rivolgere. Qual è il segreto?

Tinto: Mah, dipende sempre da chi hai di fronte, però, ripeto, è un peccato, perché alla fine quando tu potresti avere davanti più persone possibili, poi queste persone scappano perché non riescono a comprenderti, quindi il problema magari è che sei tu non a non essere capace di comunicare, allora lì devi fare uno sforzo. Prendi per esempio Sgarbi: tu senti parlare Sgarbi di Michelangelo o un altro grande interprete dell’arte italiana, tu ti innamori di quel quadro o di quel dipinto perché Sgarbi ha una capacità comunicativa unica. Se tu invece magari prendi il classico professore universitario o non, un po’ agée, che non è brillante, non ha ritmo, e magari te lo descrive in modo noioso: ma come pretendi che questo che ti sta davanti ti appassioni a quel tema? E quindi la stessa cosa vale per l’enogastronomia. Ma è anche una peculiarità nostra italiana, cioè, d’altra parte pensa anche all’ambito accademico: cioè, io faccio l’università e c’era il professore, l’accademico, il cattedratico, il titolare, che magari non vedevi mai, non veniva, il “barone”. Anche solo la cerimonia di apertura degli anni accademici c’erano tutti i professori con l’ermellino, la toga. È sempre molto barocco, ma è un modo nostro di vivere forse i vari ambiti della cultura. Se tu già vai negli Stati Uniti, non è così.

Stefano: Un po’ più rilassato. Un po’ più easy.

Tinto: È rock, un po’ più easy, ma magari arriva lo stesso a comunicare, e lo fa anche meglio. Allora poi vedi, magari l’americano che viene qua a studiare storia dell’arte, e capisce che insomma c’è qualcosa che non va nella comunicazione. Diciamo che a noi piace un po’ questo club per pochi: più si parla difficile e più si è fighi, perché sai, tu non capisci, no?

Stefano: Quindi c’è un po’ di snobismo.

Tinto: Esatto. E questo non solo nel settore enogastronomico, in molti altri. Negli anni, grazie a Dio, sta cambiando. Ma io mi ricordo anche noi, quando eravamo all’inizio: i grandi gourmet, i grandi giornalisti enogastronomici ci guardavano quasi con disprezzo.

Stefano: Infatti mi interessava questo inizio.

Tinto: “Voi ma chi siete, non ne capite, non siete accreditati”. Anche tu hai detto: “Io sono un giornalista”, chiunque volendo, se rispetta delle determinate regole potrebbe essere un
giornalista. Qua ancora, rispetto ad altri paesi, abbiamo l’albo professionale… cioè, abbiamo ancora delle carte.

Stefano: Certo. No, ma poi su questa cosa del giornalismo… ormai gli americani dicono che il dibattito sul giornalismo e gli americani – soprattutto da quando c’è la rete che ha preso un posto così importante nelle news, nei media – non è tra chi è giornalista e chi non è giornalista, ma tra chi fa il giornalismo e chi non lo fa. Si tratta di capire lo status, ecco, è relativo.

Tinto: Per quello ti dico, insomma, il problema è un po’ nel modo.

Stefano: No dicevo, sono giornalista nel senso che tema, il tema di come arrivare alle persone è una cosa che sai, che dovrebbe ispirare quello che stai facendo, se no il rischio è di dire delle cose essendo referenziali.

Tinto: Assolutamente. È quello, e mi dispiace quando poi, appunto, col grande patrimonio artistico che c’è in Italia, i musei sono vuoti. Allora, chiediamoci perché: è forse possibile un cambio nella comunicazione? Come possiamo fare per attirare più giovani al grande patrimonio artistico italiano? Allora anche lì, è forse solo una questione di modo di comunicare. Però noi, che abbiamo questa grande risorsa, poi non la sfruttiamo. Magari da altri paesi che vengono apposta per studiare le nostre opere, ne sanno più di noi quando noi invece ce le abbiamo a casa. Io l’ho visto col mare, col mio programma su Rai 2 “Un Pesce di Nome Tinto”: l’Italia ha oltre il 90% del territorio bagnato dal mare, e noi dovremmo essere i più grandi consumatori di pesce, ma anche conoscitori di pesce d’Europa, e invece i consumi di pesce da noi non sono così in alto. Questo perché? Perché comunque il pesce viene percepito come qualcosa di caro, che si mangia solo il venerdì – c’è un detto che dice “venerdì pesce” – quindi quello fa parte un po’ del nostro modo di concepire questo. Oppure, hai delle grandi bottiglie. Dici “no, no, no, Barolo oppure Brunello, solo nelle grandi occasioni”, ma perché nelle grandi occasioni? Cioè, ogni giorno, se tu vuoi, potrebbe essere una grande occasione. Tanto dici così, poi la grande occasione non arriva mai e tu il vino non lo berrai mai. Quindi alla fine non ha senso. È un classico. Oppure io per esempio vedo delle formule a Verona, un posto meraviglioso – la Bottega del Vino – dove ti mettono in carta grandi vini italiani al bicchiere. Ma tu vai lì e ti bevi un calice di un vino che magari tu non ti potresti permettere ma lo provi. Se tu vai da altre parti, “Eh no, no” …ma no perché? Chi l’ha detto?

Stefano: Oltretutto oggi ci sono anche dei sistemi tecnologici che consentono che le bottiglie vengano aperte.

Tinto: Appunto. Però è un discorso di atteggiamento: prova a proporla ad un ristoratore, una roba del genere. Verrà sempre il gran personaggio, vip, che va da lui e magari non paga, e ordina la grande bottiglia, e quella bottiglia poi alla fine rimane a me.

Stefano: Certo, certo. Oltretutto c’è un discorso sul potere di spesa, nel senso che se si vuole democratizzare il consumo e avvicinare le persone, poi non è semplice per tutti comprare certi tipi di bottiglie così, per assaggiarle. Senti, Tinto, poi c’è il miracolo delle parole. Lo dicevi tu, adesso siamo uno dei grandi trend della comunicazione visuale: Instagram, Snapchat, i video… questa è una cosa consolidata verso cui c’è sempre un maggior interesse, anche nell’ambito del vino, di chi deve comunicare il vino. E però poi ci sono anche le parole, perché vengono fuori anche questi numeri… io sono appassionato di podcast, cerco di seguire quello che accade per esempio negli Stati Uniti, dove molto spesso alcune tendenze poi anticipano quelle che succedono da noi, e là, negli ultimi anni, sta crescendo molto anche il consumo di audio on-demand, di trasmissioni audio che, oltre che in diretta alla radio come nel nostro caso, si seguono poi on-demand, in mobilità, sul cellulare, in macchina, insomma in altri contesti. Rispetto a questo, voi, sulla parola, cosa avete capito? Come ingaggiate le persone senza potergli far vedere niente – perché non avete le immagini, non avete ovviamente il prodotto, non avete i profumi da far vedere – però c’è questo potere magnifico della parola…

Tinto: Guarda, io facendo sia radio che televisione ti dico che conosco entrambi. Poi vabbè, abbiamo anche dei libri però, voglio dire, non posso definirmi scrittore, mentre magari conduttore radiofonico e televisivo sì. Questo è bello. Cioè, il bello della radio è che radio, editoria e quindi lettura vanno a braccetto, perché entrambe rispettano chi hai dall’altra parte: quando io ti parlo delle Langhe o ti parlo del Montalcino, tu ti immagini in modo soggettivo quel posto, e quello che io ti sto raccontando nella tua mente, nella tua fantasia, nella mia e in un altro, in quella di mia moglie e in un altro, e via dicendo. Nella televisione, invece, fornendoti io l’immagine, tutto questo non c’è perché io ti faccio vedere una fotografia, e quella è. Tu non aggiungi nulla, cioè la subisci e basta, tant’è vero che mentre la radio può essere di sottofondo, la televisione no. Qualcuno, sì, poi la accende per un discorso sociale e di compagnia, però la televisione si guarda, non si ascolta, è difficile. Mentre, invece, per quanto riguarda la radio sì. Quindi in quello sono simili, radio e lettura di un testo, un libro, e da quel punto di vista lì quindi, è bello perché ti sviluppa la fantasia: è un po’ come quando tu racconti: io ho due bambini, tra l’altro nella mia crescita professionale l’arrivo dei due bimbi è stato fondamentale…

Stefano: Perché?

Tinto: Beh, anche sul tema dell’educazione alimentare, perché comunque c’è anche una sfida nei confronti delle nuove generazioni, una sorta di responsabilità che trovi, quindi fare un programma che lasci anche qualcosa e fare un programma che invece non ti lascia niente, ovviamente preferisco quello che mi lasci qualcosa, anche perché comunque puoi dare il buon esempio e magari poi qualcuno ascolta i tuoi consigli. Quindi, da quel punto di vista devo dire che quando io racconto una fiaba a mia figlia piccola, è un’altra cosa perché lei si immagina chissà quali fantasie, quali storie, e comunque sviluppa la mente. Se invece prendo un tablet e gli metto Peppa Pig e glielo faccio vedere, lei lo subisce passivamente, ma in che cosa contribuisce? In niente. Quindi sì, da quel punto di vista sono due mezzi completamente differenti. Per quanto riguarda i social e il mondo internet, secondo me la vera rivoluzione per quanto riguarda la radio nei prossimi anni sarà il digitale: cioè, il digitale significa che ci sarà una miglior qualità, perché se io metto su Radio2, Radio2 sarà non su 92.7 a Roma e su 95.3… a Milano e a Palermo… ma sarà Radio2, quindi sarà importante il brand. Così come in macchina sarà Radio2. Per quanto riguarda quindi l’aspetto tecnologico, il digitale per la radio sarà una grande rivoluzione. Per quanto riguarda i social, io vedo per esempio anche sul lato personale che fino all’anno scorso io non avevo vasta scelta per i social miei, personali, proprio per scelta, perché sono molto rispettoso della privacy. Invece poi ho capito che non puoi non averli, quindi attraverso il mio Instagram, attraverso il mio Twitter, attraverso il mio Facebook io posso comunque comunicare. Stesse cose che comunque comunico anche in radio e televisione, ma è un’arma in più. Sicuramente cambio utenti, perché la rete vive di immediatezza…

Stefano: Però senti, alcuni sono spaventati da questa cosa che dici, che non si può non esserci, un messaggio che molto spesso si dice anche a chi produce il vino, chi deve comunicarlo: si dice che deve per forza esserci, però poi questo esserci può anche un impegno, un lavoro e qualche volte non necessariamente ottiene magari i risultati per cui viene intrapreso… tu come ci stai lì sopra? Nel senso, l’altro giorno, l’ultima intervista che abbiamo fatto qua abbiamo parlato con Armin Kobler, un produttore che dice che i social lo aiutano sostanzialmente anche a rompere una sorta di retorica anche di falsità che talvolta passa sul lavoro dei produttori, e quindi lui dice “Io faccio vedere assolutamente tutto, cerco di essere trasparente, faccio addirittura vedere che faccio i trattamenti”, perché alcune volte si fanno i trattamenti, c’è anche un impiego, anche se c’è un trend molto forte su alcuni temi legati al bio. Ecco, quindi, si può anche essere semplici, andare tranquilli e non avere paura… tu come fai?

Tinto: Innanzitutto avere le idee chiare e capire cosa comunicare. Io, per esempio, non metto mai temi legati alla politica, o temi sensibili… ecco, non devi abusarne. Io vedo che a volte su Twitter che chiunque dice la sua su qualsiasi cosa: cioè, quello io lo trovo poco corretto e lo trovoveramente una perdita di tempo. Siccome il buon Dio ci ha dato la bocca, uno la deve aprire, ma a mio avviso… a meno che tu non sei uno che ha una posizione per cui è doveroso. Pensa ai fatti di cronaca, se tu sei tenuto, è normale che tu ti esprima. C’è un problema legato all’ambiente, è normale che magari il Ministro dell’Ambiente dica qualcosa, c’è una responsabilità. Ma quelli che magari esprimono un commento su Belen Rodriguez così, in modo gratuito… ecco, lì è perdita di tempo. Oppure, è come quelli che vanno in vacanza e fanno la loro foto, il selfie, davanti all’aereo: è un po’ triste da quel punto di vista. Magari fai una bella foto, un bello scatto e poi lo commenti di sotto. Non ti devi poi isolare, perché poi il rischio dei social è quello. Ma secondo me, per le aziende, può essere una grande opportunità, ed è drammatica la situazione: io ti parlo del vino, cioè per quanto riguarda il vino, prendi le cantine, hanno un sito internet vergognoso, non sono aggiornate le pagine, i social, se ci sono… i più virtuosi ci sono e lo curano e hanno proprio una persona che ci si dedica. Gli altri, alcuni non ci sono… veramente un asset che oramai tu non puoi non coltivare. Perché ce l’hanno tutti. D’altra parte non ci si può opporre al cambiamento: è una rivoluzione. Alcuni dicono “Eh, però…”. Io mi ricordo mio papà quando arrivò il computer: “Eh, ma la macchina da scrivere”, però è la storia, fatta di corsi e di ricorsi. Cioè, quando ci fu la lettera: “Eh, ma la lettera…”, “Eh, però la mail è un’altra cosa”, “Eh, ma il computer”.

Stefano: Non se ne esce.

Tinto: Allora, non se ne esce. Cioè, tu non ti puoi opporre al cambiamento: è chiaro che se io devo mandare una lettera o un bigliettino, preferisco la carta. Non userò mai la mail, anzi, una volta che scrivo, scrivo magari in modo intelligente.

Stefano: La questione che pone, forse, questo passaggio in cui siamo così dentro che alle volte facciamo ancora difficile a capire, a distinguere là dove ci stiamo divertendo, da quando stiamo invece lavorando, cercando di fare qualcos’altro, è appunto capire cosa davvero ci è utile, nel senso che poi c’è stata anche una corsa ad esserci in qualche modo, talvolta scriteriata, che poi ha generato forse anche alcune delusioni, da parte forse anche di alcuni venditori.

Tinto: Oppure, a volte, io vedo anche al ristorante, per esempio-

Stefano: Scusa se ti interrompo: alcuni aprono pagine e poi non le curano, quindi sono conversazioni interrotte, e quindi forse può essere un danno.

Tinto: C’è un abuso. Però guarda sull’utente finale, come ti dicevo prima: se tu sei al ristorante e arriva il piatto, oppure c’è il sommelier o lo chef che ti descrivono un piatto o un vino e tu la prima cosa che fai, non li stai neanche a sentire, prendi e fotografi perché devi postarlo. Lì ti perdi anche un attimo un momento, quindi lì è sbagliato, lì stai fuori. Perché il momento è lì, adesso, tu non puoi essere da un’altra parte.

Stefano: Senti Tinto, io ti ringrazio molto, ti chiedo ancora una cosa: voi, anche per aiutare le persone che magari hanno bisogno di comunicare il vino… tu come giornalista, come autore, conduttore, tu e Fede, come scegliete le storie? Cos’è che fa la differenza? Perché poi racconti ce ne sono tanti, occasioni ce ne sono tante… voi cosa cercate in una storia? Perché ne scegliete una piuttosto che un’altra?

Tinto: È chiaro che l’originalità è alla base: io, grazie a Dio, ho avuto anche la fortuna con i programmi radiofonici e televisivi di conoscere miliardi di persone. Proprio l’altro giorno stavo mettendo a posto i bigliettini da visita di tredici anni di programmi in radio, in tv, di eventi… ho una valigia, una VALIGIA, piena di bigliettini da visita. Allora, se tu mi chiedi “Tinto, quali ti ricordi?”, io per dividerli devo pensare alle regioni. Ma ci sono le persone, quindi non mi ricordo il bigliettino ma mi ricordo quella persona. Lì, sai, è anche dovuto al fatto che tu li conosci. Allora, già anche l’approccio: quante volte al Vinitaly uno si propone “Oh Tinto, dai, assaggia questo vino perché è buonissimo!”, e io dico: “Ma va, vorrei vedere che tu lo faccia male”, è normale che sia buono. Ormai la qualità la danno quasi per scontata, però qual è la tua storia? Che cosa vuoi comunicare? Cosa vuoi raccontare? Quindi io ancora, quando ci sono delle situazioni particolari, delle storie uniche, originali, ancora mi ci affeziono ed è il bello del nostro lavoro. Ti ho detto, su Frigo, per esempio, io andavo nelle case degli studenti: ho trovato delle situazioni… molti mi hanno detto “Ah, Tinto, si fa, c’è lo scenografo, avete ricreato la situazione”, e io tutte le volte dicevo “Ragazzi, ma guardate che è così”. Cioè, c’era una ragazza che teneva l’olio extravergine d’oliva in frigo, perché dice “No, perché così si mantiene”, cioè, capisci a che livelli siamo?

Stefano: Questo è interessante.

Tinto: Sì, però, voglio dire, è la situazione. Oppure, pensa a quando tu prendi un’insalata in busta e il costo che ha quell’insalata, e spieghi che la stessa insalata non in una busta, magari non in una busta di plastica ma in una carta ti può durare di più e ti costa molto meno, in tutto quell’insalata lì esce allo stesso valore di mercato. Io dico sempre che al mercato tu non sei un numero, “Adesso serviamo il…”: al mercato tu sei Tinto, sei Stefano. “Ciao Stefano! Come stai, com’è andata? Ma non dovevi andare questo weekend nelle Langhe? Lo sai che ti saluta…” oppure, quante volte un’emergenza: “Oh, ma ti posso lasciare le chiavi, passa un mio amico…?” al supermercato non lo puoi fare, nella grande distribuzione tu hai un carrello, vaghi, non conosci nessuno, la cassiera non te la ricordi… se c’è ancora la cassiera, magari devi far tu la spesa con lo scanner perché ovviamente devono risparmiare e metti la roba nel carrello. Quindi, c’è quell’aspetto social – che non è Facebook, Twitter e i social classici – che comunque ha un valore, è una peculiarità: vai a piedi, tu al mercato vai a piedi, col tuo carrellino, sei all’aria aperta, guardi, magari se sono certi mercati, sono anche luoghi storici. Mentre, da un’altra parte no. Quindi quello è un valore, ed è un patrimonio che va preservato.

Stefano: Quando ricomincia Frigo? E invece cosa farete a proposito di vino? Fede&Tinto, fino a quanto andrete avanti e quando andate in vacanza?

Tinto: Allora, Decanter fino al 31 luglio è in onda. Poi, è appena uscito da poco, è arrivato in presentazione del libro a Torino, il libro “Sommelier ma non troppo: il corretto abbinamento cibo-
vino, gli abbinamenti di Vinocult” – Vinocult è questo nuovo portale che è nato dalla collaborazione con la Fondazione Italiana Sommelier proprio perché mancava una guida online per poter abbinare in modo corretto cibo e vino. Poi, a settembre, dovremmo – uso sempre il condizionale perché è il nostro lavoro in linea di massima sì, però per altri imprevisti… – riprendere Decanter su Radio2, poi dovremmo riprendere La Prova del Cuoco su Rai 1, e poi Frigo su Rai 2 con la nuova stagione, in base a quando inizieranno le riprese.

Stefano: Insomma, Tinto e l’enogastronomia, ormai siete indissolubilmente legati.

Tinto: Sì, sì. Assolutamente.

Stefano: Senti, Tinto, ti ringrazio molto per questa preziosa testimonianza sulla comunicazione del vino che hai voluto condividere con la comunità di Wine Internet Marketing. Con questa intervista Tinto, dicevi, non si può fare senza i social, e così anche a Wine Internet Marketing abbiamo deciso di aprire una pagina Facebook. Ho resistito un anno, ma Zuckerberg ci ha pregato di aprirla.
Grazie a tutti per l’ascolto, alla prossima.

Tinto: ciao, ciao!

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